Il tumulo delle Ploranti si staglia sulla via Sepolcrale in corrispondenza del limite orientale del settore delle tombe del Comune, subito a sud-ovest della tomba a dado 1013, e sovrasta il paesaggio funerario circostante aperto sino al mare.

Seppur ubicato in posizione emergente, forse perché coperto da una fitta vegetazione o perché visibilmente violato, questo, come gli altri tumuli limitrofi, ha eluso le ricerche condotte negli anni e, condannato a un anonimato che lo ha privato di numerazione e denominazione, oltre che di letteratura, compare come una sagoma circolare nella cartografia di Cerveteri.

Un monumento muto e privo di storia, quindi, sino al febbraio 2020 quando, nell’ambito di un più vasto progetto di manutenzione di alcune aree della necropoli, il NAAC, in accordo con e stretta collaborazione con la Soprintendenza ABAP per la provincia di Viterbo e per l’Etruria Meridionale, ne ha avviato la ripulitura e il recupero, sotto la direzione dell’archeologa Maria Gilda Benedettini.

Con i suoi 19,30 m. di diametro il tumulo si inserisce tra i monumenti di dimensione medio-grandi della necropoli ceretana della Banditaccia, articolato in uno zoccolo quadrangolare risparmiato nel vivo sul quale si eleva il tamburo, oggi in parte franato, coronato da una cornice a rilievo in progressivo ritiro composto da due tori entro due fasce, la superiore delle quali distinta da una profonda solcatura.

Il nome deriva dal fatto, che nell’ambito della ripulitura all’interno della camera sepolcrale sono state rinvenute, in modo del tutto inaspettato e sorprendentemente ben conservate, 21 statuette di piccole dimensioni in bucchero, riproducenti una figura femminile, con indosso una lunga tunica decorata a puntinato impresso che lascia scoperti i piedi. (fonte: M. G. Benedettini, Il tumulo delle ploranti, Roma 2021)